Ritenuti essenziali per l’educazione dei bambini e, non solo, anche di adolescenti e ragazzi, i premi e i castighi sono sempre stati alleati degli adulti. Ma educano veramente? Il premio quale riconoscimento di una buona condotta o di un buon agire, restituisce veramente orgoglio e dignità a chi lo riceve e soprattutto gratifica veramente? Similmente, il castigo riconduce su un processo educativo come voluto?
Il nostro esempio
Ecco che il ruolo educativo porta con sé le necessità di aiutare il processo di crescita dell’individuo che ci è affidato, sia che si tratti di nostro figlio o di un nostro allievo. Spesso non pensiamo quanto valore abbia il nostro solo esempio ed atteggiamento gentile condito da grande comprensione e fiducia. Questi soli basterebbero ad aprire la strada ai piccoli ed ai ragazzi.
Eppure il saperci grandi ed autorizzati ad esercitare il ruolo educativo, attiva la possibilità di premiare se tutto va bene o di castigare se va alla peggio.
Sembra quasi che la promessa di un premio o di un castigo aiuti a educare e a far raggiungere più facilmente, o prima del previsto, la meta ai nostri educandi.
La rivalsa sul “minore”
Forse dovremmo chiederci perché e quando desideriamo premiare o castigare.
Rivela più autorevolezza o esprime senza dubbi chi comanda? Quale fatica risparmia l’educatore quando promette un premio? Il premio e il castigo insegnano qualcosa in più a chi lo riceve?
Sicuramente il premio è un riconoscimento ad una azione voluta o sperata che è stata adempiuta per raggiungere un obiettivo coincidente con il nostro e che approviamo. Il castigo o punizione è l’assegnazione di un compito o punizione perché l’azione del bambino o del ragazzo non ha coinciso con il nostro volere o con quanto ritenevamo utile. In entrambi i casi, sia che si tratti di premio o castigo, esiste una volontà “superiore” che domina rispetto ad una ritenuta “inferiore” o “minore” che subisce.
Verso la maturità anche senza premio
Si fatica sicuramente meno a castigare o a premiare perché questi “incentivi” si sovrappongono all’obiettivo che vorremmo si raggiungesse, ma non sapremo mai se stiamo veramente aiutando a crescere. Nel “bene o nel male” si chiudono le porte al dialogo e certamente non si consolida il comportamento che aiuterebbe il bambino o ragazzo. La maturità è un processo che si realizza attraverso l’esperienza, fatta anche di errori. Se il ragazzo può elaborare come correggere una azione che rileva come non “adatta”, allora può rendersi responsabile e crescere.
La dignità
La dignità che ogni individuo può coltivare in sé e con cui allearsi è premiata solo dalla fiducia corrisposta dall’adulto e dalla stima. Ogni persona può coltivarla fin da bambino se questo gli viene concesso e da un ambiente che favorisce l’ascolto ed il buon esempio. La dignità è un valore interno ed ha a che fare con la percezione di sé stessi, la propria autostima, il proprio onore. Affinché questa si costituisca, deve essere esercitata e riportata ad un ascolto di sé stessi, non al pensiero altrui, attraverso un premio o un castigo appunto.
Il premio non eleva il senso di dignità e non lo alimenta, né tantomeno un castigo ne favorisce l’emergere, confondono invece il bambino mentre realizza processi umani che hanno a che fare con la sua identità.
A cosa tendiamo noi adulti quando premiamo o castighiamo? Forse a concludere velocemente un processo educativo che invece richiede tempo e dedizione. Ma tempo e dedizione è ciò che ci chiede la persona che si sta sviluppando, null’altro. Se solo ascoltassimo un po’ di più rimarremmo affascinati da quanta dignità vi sia in ogni bambino e ragazzo e come questa voglia esprimersi se solo gli viene permesso. La dignità è un bene prezioso che non può essere confuso: lasciamo che si realizzi e prendiamoci carico, come educatori, di cosa può invece distogliere il bambino ed il ragazzo dal suo mantenimento, da ciò che può provenire dall’ambiente emotivo e fisico, di cui siamo responsabili.
“Ti faccio un regalo”
Quando poi, in una bella giornata di sole, inviteremo il nostro bambino a mangiare insieme un gelato dicendogli che avevamo voglia di trascorrere quell’oretta con lui solo perché ne avevamo proprio voglia, quando poi un bel giorno a sorpresa torneremo a casa con una nuova maglietta per nostra figlia adolescente e gliela daremo dicendogli che avevamo pensato a lei quando l’abbiamo vista in vetrina e volevamo proprio farle un regalo, allora avremo donato più del regalo stesso! Avremo richiamato il legame affettivo che ci unisce e detto con un gesto di affetto che era nei nostri pensieri.
di Sonia Zecchi
Educatrice montessoriana
Foto da PIxabay